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Data aggiornamento: 2013/05/26
Domanda concisa
Come si può riconoscere la sincerità o falsità di colui che dichiara di trasmettere la rivelazione in questa sua affermazione?
Domanda
Come si può riconoscere la sincerità o falsità di colui che dichiara di trasmettere la rivelazione in questa sua affermazione?
Risposta concisa
1. Il termine arabo wahy (rivelazione) letteralmente significa “trasmissione di un messaggio in modo rapido e segreto”, ma tecnicamente s’intende “comprensione e percezione speciali e peculiari dei profeti attraverso le quali percepiscono la parola di Dio con o senza un’intermediazione”.
2. Il termine wahy (rivelazione) nel suo significato letterale viene utilizzato non solo per coloro che non sono profeti, bensì riferendosi anche ad animali, oggetti, ecc. Infatti, nel Corano vengono definite rivelazioni anche l’ispirazione alla madre del nobile Mosè (a), le attività istintive come quella dell’ape che costruisce l’alveare e le attività cosmologiche come la rotazione del cielo e della terra.
3. Parimenti alcuni gnostici dichiarano di aver ricevuto la rivelazione, intendendo il significato letterale, ossia ispirazione spirituale. La rivelazione, tecnicamente, è una peculiarità dei profeti mentre l’ispirazione comprende anche altri.
4. Se un individuo afferma di ricevere la rivelazione dichiarando anche la propria profezia, il primo passo per conoscere la veridicità delle sue parole è il miracolo.
5. Il miracolo è un atto soprannaturale all’infuori dei limiti della forza umana e delle leggi d’insegnamento e apprendimento. Colui che afferma di essere profeta, compie questo atto per dimostrare la propria investitura profetica e inoltre invita gli altri a fare altrettanto (sfida); per esempio la tramutazione del bastone del nobile Mosè (A) in drago, la resurrezione dei morti da parte di Gesù (A) o il sacro Corano, ovverossia il miracolo dell’ultimo Profeta (S). Perciò se qualcuno dopo aver esibito un atto soprannaturale, non fa alcuna dichiarazione, quest’atto non sarà considerato un miracolo, bensì un kiramat (atto miracoloso non profetico) o altro; allo stesso modo se l’atto soprannaturale compiuto non sia conforme a ciò che ha affermato di poter compiere.
6. Il motivo per cui il miracolo indica la veridicità della dichiarazione di profezia e rivelazione, è che sia il miracolo sia la rivelazione sono due cose soprannaturali e occulte, tuttavia la rivelazione non è una realtà che gli altri possono vedere: oltre ai profeti, gli altri non possono vedere l’angelo della rivelazione. Per questo motivo i profeti, manifestando un miracolo, anch’esso un atto attribuito all’occulto e superiore alla forza umana, dimostrano che sono appoggiati e legati alla fonte infinita e occulta di Dio. Considerando la regola “hukm al-amthal fi-ma yajuz wa fi-ma la-yajuz wahid” (la regola di due cose simili nel permesso e nel divieto è uguale), si può dedurre che l’affermazione dei profeti di aver ricevuto la rivelazione è corretta.
7. Il compimento di un miracolo da parte di un impostore è impossibile, poiché è in conflitto con la saggezza e la guida divina; la manifestazione di un miracolo da tale persona è causa di deviazione della gente, poiché il loro dovere sarebbe o quello di accettare l’affermazione profetica di ogni individuo, provocando il caos e l’aumento di impostori profetici e della rivelazione, oppure rifiutare chiunque, ma anche in questo caso si creerebbe un conflitto con l’obiettivo dell’invio dei messaggeri e della guida della gente. Un’altra soluzione è di stabilire da parte di Iddio un criterio attraverso il quale la gente possa distinguere il profeta divino dall’impostore; questo criterio è il miracolo.
8. Esistono altre vie per riconoscere la veridicità di chi sostiene il proprio ruolo profetico, per esempio analizzare il contenuto della rivelazione nell’ottica di eventuali contraddizioni interne e altresì che non sia contrario all’intelletto e all’indole umana. Pertanto l’affermazione di un concetto contrario ai principi ovvi dell’intelletto e dell’indole umana, se viene chiamata “rivelazione”, sarà falsa. Allo stesso modo se vi è contraddizione tra gli elementi di una stessa rivelazione, oppure tra due rivelazioni, ciò costituisce un motivo per giudicare falso chi dichiara la profezia.
9. Esaminare l’integrità etica, psicologica e del comportamento di chi afferma la profezia, può essere considerato un metodo per appurare la veridicità delle parole di tale persona.
10. La presentazione e la lieta novella da parte dei profeti precedenti o a loro contemporanei, e anche gli annunci nei libri divini, sono altri modi per conoscere il profeta, applicabili in particolare nel caso del Profeta dell’Islam (S).
 
Risposta dettagliata
Il termine arabo wahy (rivelazione) ha un significato letterale e uno tecnico[1]. Il significato letterale di wahy è “trasmissione di un messaggio in modo rapido e segreto al destinatario”[2], esso comprende quindi anche “l’ispirazione spirituale”. Il significato tecnico invece è “comprensione e percezione speciali e interne (non la riflessione razionale) a cui non possono accedervi altri se non un piccolo gruppo d’individui che godono delle attenzioni divine (i profeti) e sono quindi celate ai sensi esteriori”[3].
La rivelazione, nel suo significato letterale, non si manifesta solamente alle persone normali, bensì anche agli animali e addirittura agli esseri che apparentemente non mostrano segno di comprensione (oggetti inanimati). Infatti, nel Corano, gli stati istintivi dell’ape, come la costruzione dell’alveare e la produzione di miele, vengono definiti una rivelazione da parte del Creatore[4]; oppure l’ispirazione alla madre di Mosè (A) per salvare il figlio mettendolo in una cassa e affidarlo al Nilo, è stata citata come una rivelazione[5], allo stesso modo che Iddio invia la rivelazione, nel suo significato letterale, al cielo e alla terra[6].
Anche alcuni gnostici affermano di aver ricevuto la rivelazione e a quanto pare s’intende sempre il significato letterale, ossia ispirazione spirituale, un tipo di svelamento e contemplazione.
Ibn Arabi disse: “... la dominanza della rivelazione sull’anima di colui che la riceve è più forte del suo essere che è lo spirito stesso. Iddio ha detto: «Io sono più vicino a lui della vena giugulare»[7]. Quindi tu, o wali! Ogniqualvolta supponi di aver ricevuto la rivelazione da Iddio, guarda dentro la tua anima, vedi uno stato di esitazione o opposizione dentro di te o no? Se è rimasta ancora in te la capacità di amministrare, riflettere e analizzare, sappi che non si tratta di una rivelazione divina e non ti è stato rivelato niente. Se però ciò che ricevi, ha messo completamente da parte il tuo Sé rendendoti cieco e sordo, creando un velo fra te stesso e il tuo pensiero, inviando i suoi ordini in modo completo, sappi che hai ricevuto una rivelazione”[8]. In realtà la discussione al riguardo è molto vasta e richiede di essere trattata in altra sede, quindi ci limiteremo alle parole di alcuni sapienti e gnostici. Sadr al-Muta'allihin Shirazi (ra) nell’opera Mafatih al-Ghayb, dopo aver spiegato i modi per apprendere la scienza (apprendimento e ottenimento, attrazione e dono) e il fatto che l’insegnamento divino senza intermediario avviene in due modi, il primo la rivelazione e il secondo l’ispirazione, scrisse: “... in sintesi l’ispirazione è una cosa che condividono i Profeti (A) e i devoti, mentre la rivelazione è una peculiarità dei profeti perché porta con sé la profezia”[9]. In seguito cita la differenza tra la rivelazione e l’ispirazione in un altro modo, spiegando il ruolo dell’intermediazione nella percezione dell’ispirazione e della rivelazione[10].
Anche Qeysari, nell’introduzione dell’opera Fusus al-Hikam di Ibn Arabi, si è occupato della differenza tra ispirazione e rivelazione. Dopo aver citato alcune differenze, scrive: “... la rivelazione è una delle peculiarità della profezia... e l’ispirazione è una particolarità della wilayah...”[11].
È pertanto possibile che in ogni epoca qualcuno affermi di aver ricevuto la rivelazione; deve però essere stabilito se intende quella tecnica e dichiara la propria profezia, oppure fa riferimento ai gradi di svelamento e contemplazione spirituale e quindi riceve delle ispirazioni? Nella seconda ipotesi egli è uno “gnostico”, non un profeta, e per verificare la correttezza delle sue parole bisogna fare riferimento ai testi compilati in merito a tale argomento.
Se invece intende la rivelazione nel suo significato tecnico, e dichiara che un angelo gli ha comunicato una rivelazione portandogli le parole di Dio, in quel caso ci troveremo di fronte ad un dibattito teologico, ovverossia qual è il criterio per distinguere un profeta da uno pseudoprofeta?
A quanto pare la domanda dell’utente è proprio questa, e l’obiettivo è quello di conoscere i metodi per stabilire la veridicità di chi afferma la profezia. La domanda può essere perciò posta in questo modo: “Se un individuo dichiara di essere un profeta, in che modi viene provata la correttezza della sua affermazione?”.
Se qualcuno afferma di aver ricevuto la rivelazione e l’investitura profetica da parte di Dio l’Altissimo, per dimostrare la veridicità delle proprie parole deve presentare una prova e una testimonianza, poiché la rivelazione non è una cosa percepibile ai sensi, e inoltre l’angelo della rivelazione non si mostra ad altri che il profeta e non manifesta alcun segno a nessuno. Dimostrare questo atto soprannaturale che non è visibile, richiede un’altra azione soprannaturale che sia percepibile (il miracolo), affinché coloro che vedono il miracolo possano credere che colui che dichiara di essere un profeta, è legato ad una fonte soprannaturale per ciò che concerne le forze materiali, e che, appoggiato a questa forza inusuale e immateriale, riceve la rivelazione ed è in contatto con Dio; chi compie un miracolo può fare cose che gli altri esseri umani sono incapaci di compiere e quindi accettano la sua parola. 
Da questa spiegazione si deduce che ogni popolo che ha chiesto al proprio profeta un miracolo, aveva una giusta pretesa e i profeti hanno esaudito questa richiesta presentando miracoli, segni e chiare prove: “Invero inviammo i Nostri messaggeri con prove inequivocabili, e facemmo scendere con loro la Scrittura e la Bilancia, affinché gli uomini osservassero la giustizia[12].
Definizione di miracolo - Per il termine arabo mu’jizah (miracolo), sono state avanzate diverse definizioni, quindi trascurando alcuni punti, in merito alla definizione di mu’jizah si può dire che: “Atto speciale e soprannaturale che può essere compiuto solamente dagli inviati divini, e la gente normale, anche se si sforzasse al massimo, sarebbe incapace di compiere una simile azione”[13].
Considerando la definizione di miracolo si possono ricavare alcune caratteristiche: per prima cosa il miracolo è un atto che gli altri sono incapaci di compiere, ossia è un’azione soprannaturale al di fuori dei limiti della forza umana e delle leggi convenute d’insegnamento e apprendimento. Secondo, il miracolo è tale che i destinatari del profeta capiscono che la manifestazione di tale azione è fondata su una causa non soggiogabile, che non può essere annullata o eliminata[14].
Per esempio si può citare la resurrezione dei morti da parte del nobile Gesù (A), invero questo atto fu sia soprannaturale che seguito da una dichiarazione profetica investita da Dio, e inoltre dimostrava l’incapacità altrui di compiere un tale gesto e testimoniava una causa non soggiogabile.
La manifestazione di tali atti da parte dei profeti, è una chiara prova che la rivelazione (anch’essa un atto soprannaturale) è possibile, e in base alla famosa regola “hukm al-amthal fi-ma yajuz wa fi-ma la-yajuz wahid[15], si può dedurre che così come si può trasformare un bastone in un drago con l’aiuto di una forza occulta, anche la parola di Dio può essere ottenuta dall’occulto, essere compresa dal profeta stesso e farla apprendere ad altri.
Il modo più importante per riconoscere la veridicità di chi afferma la rivelazione e la profezia è dunque il miracolo. Attraverso di esso si può avere fede in colui che ha compiuto il miracolo e che afferma di essere un profeta, e accettare il suo invito. In realtà il miracolo è un segno che non lascia altra possibilità che accettare l’invito, e chiude la strada ad eventuali giustificazioni da parte degli infedeli per non aver accolto l’invito dei profeti.
Si potrebbe chiedere: per un sedicente profeta, è impossibile compiere un miracolo? La risposta è che nonostante ciò non sia razionalmente impossibile, tuttavia da Iddio l’Altissimo, che possiede nomi e attributi lodevoli come al-Hadi (la Guida), al-Hakim (il Saggio), al-Rahman (il Benevolo), ecc., bisogna pretendere giustamente che non conceda agli pseudoprofeti la facoltà di compiere miracoli affinché la gente non sia traviata. In altre parole o bisogna ascoltare le parole di chiunque affermi di essere un profeta e prestargli fede, causando il caos e la manifestazione di infiniti profeti, o non accettare la parola di nessuno di loro rifiutandoli, e anche questa soluzione sarebbe contraria all’obiettivo divino, ovvero la guida e la fede dei servi; oppure bisogna stabilire un metodo per riconoscere i veri profeti, ossia “la manifestazione di un miracolo da parte del vero profeta”, che permetta di realizzare il proposito di guidare la gente alla beatitudine e salvarla.
Per questo motivo alcuni teologi considerano il miracolo, l’unico criterio per conoscere i profeti[16], sebbene sia meglio dire che il miracolo è il modo più importante e sicuro per riconoscere chi afferma di essere un messaggero divino. Infatti esistono anche altri modi per dimostrare la veridicità di un profeta. Tra i più importanti, l’analisi del contenuto della rivelazione dal punto di vista di contraddizioni interne e contrasti con l’intelletto e l’indole umana, cioè se un individuo dichiara la propria missione profetica e comunica un messaggio di rivelazione incompatibile con i principi razionali indisputabili, oppure è contrario alla pura indole umana, è ovvio che egli è un impostore[17]. Lo stesso vale nel caso vi siano contraddizioni tra i vari messaggi che presenta come rivelazione: in tal caso è chiaro che egli è un bugiardo. Invero il sacro Corano riporta che: “Non meditano sul Corano? Se provenisse da altri che da Allah, vi avrebbero trovato molte contraddizioni[18].
Anche la valutazione del comportamento di una persona dichiarantesi profeta, è utile per stabilire la sua falsità o verità. Se costui non applica i principi che presenta come rivelazione, o non è veritiero quando parla, compie azioni indecenti, brama i beni della gente, il potere, la fama, ecc., tutto ciò è in conflitto con la posizione profetica e quindi lo smentiscono.
Un altro modo per riconoscere un profeta è la predizione e la lieta novella da parte dei profeti precedenti o a lui contemporanei. In questo modo è possibile che in alcuni casi la gente abbia una prova indiscutibile senza bisogno di un miracolo, anche se in realtà anche tale profezia è basata sul miracolo del profeta precedente o della stessa epoca.
In alcuni casi sono vissuti profeti in una stessa epoca, e il miracolo da parte di uno fu sufficiente per approvare l’altro. Per esempio i nobili Abramo e Lot (A) erano coevi ed entrambi erano profeti. Una volta dimostrata la veridicità della profezia di Abramo, se poi egli dichiara Lot un profeta, questa costituisce una prova certa per la gente che viene a conoscenza della profezia dell’altro profeta[19].
Anche la profezia del grande Profeta dell’Islam (S) è un caso accompagnato dalla predizione di più profeti precedenti (oltre ai vari miracoli che egli ha compiuto). Alcuni lo conoscevano così come conoscevano i propri figli, e sapevano che era un profeta: “Coloro ai quali abbiamo dato la Scrittura, lo riconoscono come riconoscono i loro figli[20]. Anche prima della sua investitura a profeta, il nobile Gesù (A), citando il santo nome del Profeta dell’Islam (S) annunciò il suo arrivo: “E quando Gesù figlio di Maria disse: «O Figli di Israele, io sono veramente un Messaggero di Allah a voi [inviato], per confermare la Torah che mi ha preceduto, e per annunciarvi un Messaggero che verrà dopo di me, il cui nome sarà Ahmad». Ma quando questi giunse loro con le prove incontestabili, dissero: «Questa è magia evidente»[21].
In conclusione i vaticini e le caratteristiche riguardanti l’ultimo Inviato (S), presenti in passato e tuttora nella Torah e nel Vangelo, sono un’altra via per riconoscere i profeti divini. Questo concetto viene ripreso anche nel Sacro Corano, per esempio: “a coloro che seguono il Messaggero, il Profeta illetterato che trovano chiaramente menzionato presso di loro nella Torah e nel Vangelo[22] e altri versetti[23].
Per maggiori dettagli in merito ai chiari riferimenti alla profezia del profeta Muhammad (S), si possono consultare la Torah, il Vangelo, e i libri che trattano tali argomenti[24].
 

[1] Cfr. l’indice: “La rivelazione e le sue caratteristiche”.
[2] Ragheb Esfahani, Mufradat, termine wahy, p. 515.
[3] Seyyed Mohammad Hosseyn Tabatabai, Al-Mizan fi Tafsir al-Qur'an, vol. 2, p. 159, Dar al-kutub al-islamiyyah.
[4] Sacro Corano, 16:68.
[5] Sacro Corano, 20:38 e 28:7.
[6] Sacro Corano, 41:11 e 12, e 99:5.
[7] Sacro Corano, 50:16.
[8] Muhyi al-din ibn 'Arabi, Al-Futuhat al-Makkiyyah, vol. 2, p. 78, Dar al-'arabiyyah al-kubra, Egitto.
[9] Cfr.: Sadr al-muta'allihin Shirazi, Mafatih al-Ghayb, vol. 1, pp. 221-224.
[10] Ivi, p. 224.
[11] Qeysari, Moqaddame bar Fusus al-Hikam Ibn 'Arabi, nota del settimo capitolo.
[12] Sacro Corano, 57:25.
[13] Abdollah Javadi Amoli,  Tafsir-e Mozu'i-e Qor'an-e Karim, vol. 1, p. 89.
[14] Allamah Tabataba'i, Al-Mizan fi Tafsir al-Qur'an, vol. 1, pag. 74, Dar al-kutub al-islamiyyah, 2a ed., 2010, Teheran.
[15] La regola di due cose simili in ciò che è possibile e in ciò che non lo è, è uguale (se una cosa ha una regola, un’altra cosa simile segue la stessa). Questo è un principio filosofico con varie applicazioni. Per conoscerla meglio e i suoi utilizzi consultare: Gholamhosseyn Ebrahimi Dinani, Qawa'ed-e Kolli-e Falsafi dar Falsafe-ye Eslami, vol. 1, p. 208.
[16] 'Abdorrazzaq Lahiji, Sarmaye-ye Iman, p. 85, Sheykh Mohammad Reza Mozaffar, 'Aqayid al-Islamiyyah, p. 77, capitolo secondo, Al-nubuwwah.
[17] È importante ricordare la possibilità che non tutte le persone in tutti i casi percepiscano questa contraddizione con l’intelletto e l’indole umana, e che ci sono molti insegnamenti da parte dei Profeti (A) che non sono comprensibili all’intelletto o non sono recepibili dall’indole di tutte le persone; sono pertanto necessari chiari segni (i miracoli appunto), senza alcuna ombra di dubbio, di modo che la prova ultima, che non lascia più scuse, sia offerta a tutta la gente dai Profeti. Cfr.: Mohammad Taqi Mesbah Yazdi, Ma'aref-e Qor'an, vol. 4 e 5, pp. 66-69.
[18] Sacro Corano, 4:82.
[19] Cfr.: Ma'aref-e Qor'an, vol. 4 e 5, p. 71.
[20] Sacro Corano, 2:146 e 6:20. Cfr.: Allamah Mohammad Hosseyn Tabatabai (ra),  Al-Mizan, vol. 1 - pp. 326 e 327, vol. 7 – pp. 40 e 41, e vol. 8 – pp. 278-282.
[21] Sacro Corano, 61:6.
[22] Sacro Corano, 7:157.
[23] Sacro Corano, 48: 29 e 26:197; Allamah Majlesi Bihar al-Anwar, , vol. 15, pp. 174-248.
[24] Allamah Majlesi, Bihar al-anwar, vol. 15, pp. 174-248; Vangelo di Giovanni, 14:16-30 e 15:26 e Vangelo di Barnaba, 39, 41, 44, 54, 55 e 136.
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